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Scultura

Bisogna scavare nel passato biografico di Antonio Santacroce per comprendere esattamente l’origine del desiderio di scolpire e scoprire che l’attrazione nei confronti della materia plastica nasce insieme a quella per il disegno. L’artista racconta di quando a scuola gli insegnanti erano costretti a riprenderlo perché si allontanava dalla propria classe per seguire le attività che si svolgevano nel laboratorio di scultura. Per quanto così radicato, l’interesse per la scultura diventa concreto solo nel 1993 con la realizzazione del Satiro Mutilo in occasione della Mostra “Scultura italiana del Novecento” per la galleria “La Vite” di Roma. L’opera inizia il percorso creativo che segna l’intera biografia artistica di Santacroce. Da questo momento in poi segno, colore e materia non sono più le tecniche delle diverse categorie dell’arte, ma i mezzi differenti di un’unica formula creativa.

La sfida fisica con la materia è vinta con la realizzazione della Sibilla, modellata come una regina della mitologia dalle sembianze di una donna del proprio tempo. Superando le regole della scultura tradizionale, lo scultore realizza il bozzetto in scala reale scavando nel polistirolo; in quella materia estranea all’arte trova il compromesso tra duttilità e resistenza. Figli iconografici dell’esperienza teatrale sono, invece, le piccole statue come: l’Attore e la Maschera.

L’impeto creativo mediato dall’azione del plasmare induce l’artista a sperimentare i campi della scultura in tutti i suoi aspetti.

Dal tuttotondo al bassorilievo, egli rende l’elemento plastico la nota personale di moltissime commesse, approdando a soluzioni in cui la contemporaneità si piega alla tradizione come nel caso della Porta di Apollo.

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